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Il Team Building Sistemico, cos’è e perché funziona… meglio

I team ad alte prestazioni guadagnano circa il 20% in più rispetto ai team aziendali meno organizzati.

Lo dimostra, tra le altre, una recente ricerca della International Coaching Federation che mostra come, sebbene la forte coesione del team necessaria per offrire prestazioni elevate sia fondamentale, è molto meno probabile riscontrarla ai vertici delle organizzazioni.


Vertici “complicati”

Secondo P. Sherman, B. Bailey, anche se più o meno ovunque è possibile individuare gruppi di lavoro, non tutti questi possono essere definiti squadre, ed anche le squadre tra loro non sono mai uguali. Per fare un paragone, esiste una certa differenza tra una squadra di calciatori amatoriali, e un team di Serie A. Il secondo tipo di squadra è quella che viene definita ad alte prestazioni o ad “alto impatto”. Ovvero un team ben coeso e con obiettivi critici di alto o altissimo livello. E tra questi team ci sono quelli di alta, di media o bassa classifica, quelli che giocano col 4-4-2, col 4-3-2-1, col 5-3-2 o quelli che hanno campioni e non primedonne. Questo, a seconda dell’organizzazione, può incidere in modo differente e funzionare un anno, mentre l’anno successivo no. In ogni caso, tra tutte queste inafferrabili differenze, il fattore sfidante che definisce un team è la capacità di lavorare in sinergia.

Si tratta di squadre che hanno un’identità unica, coltivano la propria agilità di leadership e generano un’energia interna potente.


Le squadre a basso impatto, invece, sono quelle che proprio non riescono a decollare. Molto spesso è stato verificato come la capacità da parte di un’organizzazione del genere di creare un’efficace strategia di team si verifica solo nel momento in cui si incontra o ci si scontra con una crisi. Il fattore esterno che mette in pericolo il gruppo, tende allora a stringerlo e a farlo funzionare leggermente meglio, ma solo momentaneamente. La conclusione è che, e questa è la condizione in cui navigano molte organizzazioni, si deve vivere uno stato permanente di crisi per rimanere produttivi. E va da sé che questo circolo vizioso alla fine non porterà che a una crisi più grande delle altre da cui saranno poche le aziende che riusciranno a salvarsi.


Team Building è la soluzione?


Il lavoro di Team Building ha la finalità di far raggiungere risultati di business attraverso alcuni fattori chiave: energia, agilità e identità. Questo significa riuscire a creare team con migliori prestazioni in condizioni di normalità. Il Team Building, come pratica formativa aziendale, è quindi un intervento generalmente utile per guidare i risultati di un team aziendale. Le sue basi teoriche forniscono un modello tendenzialmente valido basato su una ricetta capace di sviluppare maggior coesione in un gruppo di lavoro.

La finalità del team builder sarà quindi motivare ed incentivare un team di lavoro per migliorarne comunicazione e collaborazione attraverso determinate tecniche. Ma in certi casi, spesso di maggiore complessità, o nei casi in cui il team è chiamato ad alti standard, la tecnica in sé non basta più. Questo perché le squadre in questi contesti vivono situazioni e condizioni particolarmente stressanti o competitivi, che portano ad attriti o addirittura a conflitti spesso difficili da sopire, come a dinamiche “di corridoio” davvero ostiche da decifrare. Ed è a questo punto che la pratica del Team Building perde una buona parte della sua conclamata efficacia.


Il team-building sistemico

I punti deboli del Team Building trovano soluzione, invece, in un approccio sistemico. Caratteristica che lo distingue è il vedere una squadra dal punto di vista del “sistema” che lo anima. Un sistema è un insieme complesso di strumenti, meccanismi o elementi strutturali variabili nel tempo e in base a fattori sia interni che esterni. Questa connessione di elementi in un tutto organico e funzionalmente unitario diventa allora un organismo calato nel suo ambiente: ha una vita a sé e respira e interagisce in modo del tutto eccezionale. Sappiamo bene che un organismo vivente è un individuo con caratteristiche che trascendono quelle delle sue singole parti e che dipendono da una mente, dunque una leadership, e da una propria struttura, oltre che dal contesto e dalla capacità di far collaborare tutti questi elementi in modo sostenibile.

Quando questi elementi sono ben sistemati tra loro il modello di team si presenta chiaro:

Ma nella realtà le cose si presentano in modo molto diverso. Le squadre evolvono, cambiano forma, complicano le loro dinamiche e si sovrastrutturano su alcune particolari criticità. Un po’ come succede con un gomitolo che viene srotolato e riassemblato in modo disordinato, col risultato finale di ritrovarsi con un bel groviglio difficile da decifrare e, ancor di più, da sciogliere.

Da una parte abbiamo un team equilibrato, dall’altra uno aggrovigliato. Sul primo il team building può agire disinvoltamente, sul secondo meno. Esiste un momento mediano in cui è necessario capire dove sono i nodi, e sapere dove mettere le mani per scioglierli. Il ruolo del formatore sistemico, e delle sue tecniche di lavoro, è proprio quello di scoprire dove sono criticità e attriti, come si muovono le varie parti tra loro, decifrare la situazione e apprendere dal sistema stesso quale sia il modo più efficace per rimetterla in ordine. Per riuscire in questa impresa, la visione della squadra come sistema è un precetto fondamentale.


La squadra come sistema

Immaginiamo il consulente di una società di formazione che viene contattato dal responsabile formazione di una società, il quale ha l’incarico di fare “un bel team building” per il gruppo di manager e chiede di fissare un incontro per parlarne di persona. “Vorremmo fare un intervento per dare energia ai direttori e favorirne le buone relazioni”, dirà al loro incontro. “Ogni tanto ci sono tensioni, diverbi per nulla, lamentele…” Poi facilmente concluderà così: “Ha qualcosa di “pronto” da propormi?”

La soluzione che si cerca nelle aziende – ed è normale che sia così considerato che nessuno desidera soluzioni complicate – è più simile a una formula matematica fatta di “pacchetti” e “prodotti” scoppiettanti di energia ed entusiasmo, che vada bene per tutti e in ogni occasione. Ma la realtà di un team come sappiamo è ben altra cosa. E ogni team, proprio come un organismo vivente, è un sistema a sé, che ha le sue chiavi di lettura.

Nel tipico colloquio tra un consulente e un responsabile della formazione di un’azienda per la realizzazione di un Team Building, quindi, oltre a un’evidente e diffusa confusione tra mezzi e fini – per cui l’attività che si andrà a realizzare diventa uno scopo in sé, e non tanto la soluzione che dovrà portare – due sono le questioni di fondo trascurate: la peculiarità del team, della sua struttura e delle persone che lo compongono, la particolarità delle routine che queste persone vivono tra loro e nel loro ambiente. Detta in altro modo, si tende spesso a pensare che i team siano dei semplici contenitori, e che le loro le performance di valore si raggiungano “semplicemente” mettendoci dentro nuovi ingredienti.


Il soccorso per team davvero efficace

L’esigenza che porta a chiedere l’intervento di un consulente non si può ridurre solo a questioni concernenti la qualità delle relazioni interpersonali nel gruppo e il suo clima interno. Possono avere molto rilievo diverse questioni direttamente legate per esempio al business, come a un aumento degli scarti nella produzione, l’accorciamento del ciclo di produzione, un incremento del tasso di assenteismo del personale, un aumento degli infortuni, la crescita delle lamentele dei clienti, i ritardi nelle consegne alla distribuzione, le aspettative dei dipendenti, la loro frustrazione, ecc. Come riusciamo i nostri eroi a capire quando, quanti e quali punti della catena di montaggio non stanno effettivamente funzionando?

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